Giuseppina Nieddu - Panasonica autore Simone Di Biasio

PANASONICA Di Simone Di Biasio

Simone di Biasio è un giovane poeta di 33anni. Nato a Fondi , cittadina di 40.000abitanti , nella provincia di Latina. Vive a Roma dove si è laureato in “Comunicazione”. Giornalista, si è sempre occupato di Poesia che in lui rimane al centro di una ricerca sperimentale che ha a che fare sostanzialmente con il linguaggio, con la sua origine e con l’origine di tutti noi che ( Pag 19) :

"Abbiamo abitato tutti una casa del novecento
Dove stanno i vecchi riposti negli stipi
Dove apriamo credenze piene di grascia
In saloni deserti da uno sfollamento,...
il passato è un innovazione da inventare”

Il libro che lo vede tra i Finalisti del Premio Frascati Poesia s’intitola PANASONICA . In una nota l’autore chiarisce il senso del titolo. Panasonica è una lingua nuova, impastata di frasi dialettali, di italiano pratico e di anglismi provenienti dalla società elettronica e musicale contemporanea che contribuiscono a formare i suoi interessanti ed inediti “ versi liberi”. Il giovane poeta è “colto” e consapevole che anche nella mescolanza di suoni tutto può risuonare in maniera poetica profondamente nuova perciò ognuno di noi vi si può riconoscere. In effetti le nostre case visitate da una trasformazione evolutiva molto accelerata, hanno partorito nell’arco di tre generazioni una lingua nuova che invoca richiede e trasmette “ Calmezza” . Il libro mi ha sorpreso fin dall’inizio. E’ edito nel gennaio 2020 da una nuova Casa editrice nata da un’Associazione per la Poesia: Il Ponte del Sale di Rovigo. E’ diviso in diverse sezioni. Nella prima intitolata LA CALMEZZA i versi (pag.20 ) Tu dicevi che ci vuole la calmezza,/ in tutte le cose visibili e invisibili /raccontavi con calmezza assisa dritta/ e la lingua dice che tieni ragione / perché la sera porta la calmezza /il mare la mattina ispira la calmezza / in casa deve abitare la calmezza. ci introducono subito in maniera creativa nell’intimità e nel cuore di questo giovane poeta che ci prende per mano, ci fa da guida facendoci visitare con lui le case del suo paese. Andiamo anche noi con stupore a visità i sepulcr’. “andiamo dal vivo a cercare qualcuno, a stanarlo nell’ombra di luce in cui se ne sta raccolto.” Così fin dall’inizio Di Biasio ci comunica il suo piacere di giocare con la lingua arcaica e nuova facendo danzare le parole in maniera inedita e affascinante ( questi giorni, mi son ritrovata anch’io ad adottare questa parola, sperimentando che mi aiuta a ricentrarmi con dolcezza e tenerezza, come un mantra inserito in un respiro profondo) In empatia con l’autore entro così ad ascoltare i suoni della mia casa panasonica interiore e tutto l’ambiente in cui sono nata e cresciuta e dove continuo a vivere, crescere, morire e rinascere con una calma stupefatta che s’irradia . E’ un pò come sperimento da anni nei laboratori di ascolto e produzione di versi delle classi elementari e medie che conduco a Frascati, all’interno dell’Associazione. Cuore vibrante della prima sezione del libro e di tutti i versi resta “la nonnità “, gli anziani, la memoria che scorre ( pag 21) nel corridoio in cui la casa lascia forma /sulla tua vecchia schiena e tu curva in avanti /sgrani gli occhi sgrani i rosari, tu piena di grazia /scamenti nella credenza gli affetti personali / e l’artrosi che di te si nutre t’ha fatta davanzale / da cui ci possiamo affacciare, guardare fuori / aspettare albeggi dai tuoi occhi di valle. Sono occhi che abbracciano la guerra che ha bombardato cuori e lingua, lingua che ritorna dall’America con il gergo navigato dei migranti . Sono versi che cantano le piccole cose preziose ( il primo centrino ricamato a mano dalla nonna) con le tinte crepuscolari di A. Fogazzaro G. Gozzano, di C. Govoni e del poema Italy di Pascoli.) Sono versi che serbano nel cuore e commemorano il bicchiere azzurro latte È morto oggi il bicchiere azzurro latte /scivolato da un gradino troppo alto /della credenza, avrebbe versato ancora./ Se n’è discusso a tavola/ come di una cosa viva, un vecchio / che assieme a noi beveva molto.// S’è infranto il sogno del bicchiere azzurro latte / di essere infrangibile: il silicio s’è sciolto / pure nelle nostre bocche ed è parso testamento, / i minuscoli detriti sparsi ovunque /una memoria esplosa di tutto un firmamento. // Ha dato da bere agli assetati, compito assolto //nella forma ed assoluta trasparenza. // Sono occhi che come il melograno vivono le diverse stagioni e si spengono “sul punto più alto di maturazione. // Mantenersi è un verbo di vertigine.” Amo molto l’atmosfera corale che sostiene, accompagna ed emerge dai versi che raccontano la morte degli anziani di S. Di Biaso . Atmosfera che ricorda quella del poeta contemporaneo F. Arminio e che mi riporta a casa nella mia terra di Sardegna. Cosa è successo? È successo che è morta… È successo che è morta? Sì. Successo. Trionfo, giubilo, processione di gente… Quando è successo? La notte è successo. / Quando allucca un bianco che sfonda il sonno. / Il corno che annuncia l’ora. / La sonata che annuncia loro alle porte. / È successo dove si è attesi. Ritornano in me le parole sagge degli anziani della mia terra nuorese che per ogni morte sentenziavano: ( A s’ora sua non mancat nemmos e su mortu non sinc’ andat chene prantu- Alla sua ora non manca nessuno e il morto non va via senza essere pianto) Il passaggio finale che attende tutti noi richiede la sacralità del silenzio, nella certezza che tutto scorre ( pag 36 ) dei morti nell’atto del morire non si può che dire solo il bene – chi manca è innocuo, un pensiero/ il passaggio è un delta dove mare e fiume sono ancora acque della stessa specie. Nella seconda sezione intitolata LA PAROLA PANASONICA la lingua è sempre la protagonista e il suono è sempre più correlato all’immagine. S. Di Biasio, allontanatosi dal suo paese per motivi di studio, come A. Manzoni, che sentì l’esigenza di sciacquare i panni in Arno”, sintonizza e alza il tono del volume della parola stereofonica. Grato per gli incontri con i suoi maestri, Libero De Libero e Rodolfo Di Biasio, suoi conterranei, spicca il volo e coniuga diversi registri attingendo all’informatica, alla tecnologia, ai mass media, usando consapevolmente tutti i mezzi come messaggi che rinnovano con Calmezza la polifonia delle varie voci e sapendo che “Saper dire è una ferita aperta.”e che “vedere è verbo, è parola che si odora” “Ti laverei nella tinozza verdeacqua dell’infanzia / dove a uscire si tremava in piedi e spogliati/ a imparare ancora la sfrenatezza della parola.” La terza sezione MADRE LINGUA Rimette al centro la forza della parola creatrice che ci riporta e ci fa ripartire dalle origini( pag. 55-56 ) questa forma verbale dialettale /mesce il capire dentro la capienza:/ se non ci capiamo, non ci entriamo/se non comprendiamo, stiamo fuori. Ovunque è materno.” Materno il corpo, il magnete che attrae il nord/ materno l’abbandono, il laccio lattante/ che conduce il raggio alla sua luna /la quale tira tira con forza riprende / la luce che offerse ai figli, /luce sfibrata, intermittente, che sta increpata.// In S. Di Biasio sa il rischio del bla bla che in lui diventa “ parola nuova solo quando stiamo muti, le nostre voci appese al silenzio /Il momento migliore è quando non succede niente.//” E’ quando in silenzio( pag.65) La madre passa a lucidare i nostri nomi:/ quando si toccano due tazze è mezzogiorno/ un’anta sbatte e una stagione si chiude// si dica soltanto una parola almeno – e si sarà salvati. L’ultima sezione è LA PAROLA NEO A sorpresa e’ qui che il registro poetico linguistico cambia, sembra scordare l’uso delle parole dialettali e, canta con termini prettamente informatici e tecnologici, memori della musica inglese contemporanea , canta un nuovo Cantico dei cantici, in cui il poeta si esprime con un erotismo vibrante perchè scopre di “ Essere riaccolto, riammesso nelle fila di questo tuo campo fertile di giuramento. Mi tieni in grembo e mi partorisci,/ le ginocchia piegate connettono i petti:/ per un poco il dolore si adagia sul collo,/ ogni secrezione si mesce: seme, sudore/, pianto e fuoco impastati nella stessa carne.// Pag. 86 Ho abitato per una notte le tue gambe/ le pareti di pelle mi sorridevano e riparavano/ dai vortici dell’aeroporto di Stanstead. /C’era un’abat-jour accanto alle tue gambe cuscino/con un neo grande che fa del nostro un neo-amore:/ respiravo e non temevo il buio come sarà prima di/morire. (Il caso d’essere amati è pari soltanto al caso d’essere nati.) (Gli sguardi sono imprevisti temporali.) Si, la Poesia e la lingua, come l’AMORE, sono sempre NEO, non finiranno mai di fornire nuovi significati perchè la Poesia è sempre scritta da un luogo aurorale che ci porta in fondo e oltre il pozzo, facendoci rinascere per imparare sempre meglio ad amare in ogni tempo e ad attraversare i travagli dei passaggi personali ed epocali. Saprà il giovane Simone Di Biasio e noi con lui, cantare e attendere il continuo travaglio vitale del parto del nascente in noi e attorno a noi, trasmetterlo e leggerlo con stupore e gratitudine, ai giovanissimi e alle generazioni future ? Lo auguriamo di cuore a lui e a noi, confidando nella forza terapeutica della POESIA e nella mirabile opera dell’Associazione FRASCATI POESIA che la diffonde con cura da più di sessant’anni. 

Giuseppina Francesca Nieddu 16- 09-2021

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